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Val Verdés (Val di Non) - pag.3

 
Sette Larici  
Un bel po' dopo torna la mastina: "è pronto il vostro tavolo, potete entrare." Tavolo? Entrare? Ci va benissimo qui all'aperto, non vogliamo un pranzo completo. "All'aperto solo bar!". In certe situazioni è difficile scegliere: mandarla a quel paese e girare i tacchi o far buon viso a cattivo gioco e prender posto in, come chiamarla? veranda? Fame discreta, voglia di piantar rogne poca, guardo il mio abbigliamento da ciclista e, praticamente in mutande, prendo posto fra le allegre famigliole vestite a festa. E' già una piccola vendetta IMO. Miss simpatia viene a prendere l'ordinazione e anche lì si sfiora la discussione perché non volevo il menu del giorno ma solo un piatto del menu del giorno! Alla buonora arrivano gli späzle, buoni peraltro, in cucina non c'è lei ai fornelli! Spazzoliamo tutto in velocità e al più presto togliamo le tende.

Due minuti dopo essermi stravaccata sul prato con l'intenzione di fare 10 minuti di pennichella digestiva, plic plic plic. Cazzo, piove. Uff! Sono 15 giorni che non cade una goccia, fiumi un bel po' sotto il livello medio, siccità.. non poteva aspettare mezza giornata, no? Forse è meglio avviarsi, prima che si metta a diluviare. Poche decine di metri oltre i 7 Larici si svolta a sinistra lungo la provinciale asfaltata che, in salita, porta al passo Predaia. Dopo mezzo chilometro inizia a piovere abbastanza deciso e pare intenzionato a non smettere. Fino a passo Predaia (km. 16,5, m.1344) va ancora bene, in salita non si pedala abbastanza veloci, ma dal passo al rifugio Sores, in discesa, sull'asfalto che pare una saponetta, con l'acqua negli occhi al punto da non vederci un accidente (occhiali nel cassetto del comodino), è una bella rottura di palle. Arriviamo al Sores (km 17,5, m.1200) bagnati come pulcini. Aspettiamo che spiova sotto i pini di fronte al parcheggio dell'albergo, di chiamarlo rifugio proprio non mi riesce, fra auto e pattume sparso.
 
Cilcamini  
Che si fa? Qui ci si piglia un accidente. La pioggia fitra tra i rami che non ci riparano per nulla, fa freschino, sono bagnata, il posto dove siamo fermi è abbastanza sgradevole, meglio avviarsi. Da che parte? Provinciale asfaltata o rischiamo il sentiero? Bagnato infangato e scivoloso? Sentiero, ovviamente!

Parte esattamente qui dove siamo fermi a discutere, ovvero sul lato opposto della provinciale di fronte al "rifugio" Sores. Ci infiliamo quindi nel bosco, seguendo l'indicazione del cartello di legno posto all'attacco del sentiero, che indica "Tres" e "Bus della Pegola" (Buco della sfiga - N.d.T.). Ettepareva!

I primi 500 metri sono piuttosto sconnessi, sassosi, a tratti ripidi scivolosi e, ehm... "tecnici", ma ben presto il fondo diventa migliore e la discesa divertente. Mantenendo sempre la strada principale evitando di infilarsi nelle numerose deviazioni laterali (non farsi ingannare soprattutto da un sentiero che si stacca sulla sinistra con indicazione "Tres" su una tabella in legno e segnavia bianco/rossi!), in poco meno di 3 chilometri, dopo un'ampia radura e dei campi coltivati si sbocca sulla provinciale asfaltata che scende fino a Tres e quindi a Taio. Ha smesso di piovere ma l'ultimo pezzo su sterrato ha contribuito a infangarmi fino alle orecchie.

Arrivo all'auto che la cosa più asciutta è la lingua. Mi cambio in velocità ma lo spettacolo è pietoso: paio un guerriero dell'esercito di terracotta, puzzo come un caprone, ad ogni passo lascio orme fangose come il mostro della laguna nera, i capelli gocciolano, il ponfo del tafano scotta e mi fa male e per finire ho scordato a casa le mutande. E ora dovrei andare a trovare una persona. Mi slegheranno dietro i cani. "Bus della pegola" eh?

 

 
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